"LA MERAVIGLIA E' NEMICA DELLA PRUDENZA"
INVITO ALLA LETTURA DE "L'ARTE DELLA GIOIA" DI GOLIARDA SAPIENZA
di FAUSTA GENZIANA LE PIANE
Ho conosciuto Goliarda Sapienza negli anni Settanta come poetessa. Delle
sue poesie mi aveva parlato con entusiasmo Attilio Bertolucci. Anche se
lei si sentiva votata soprattutto alla narrazione. Ma Goliarda aveva
una naturale disposizione alla scrittura lirica indipendentemente dal
fatto che si trattasse di poesia, anzi di più proprio nella sua prosa.
Pensava che scrivere fosse il modo per rubare le parole al vuoto,
sottrarle all’indistinto e impronunciato… e ogni parola per lei aveva un
valore assoluto, proprio come in poesia.
La simpatia fu
reciproca, nell’occasione degli argomenti di cui continuammo a parlare
tra un caffè e l’altro (io), tra una sigaretta e l’altra (lei). Non
avevamo in comune soltanto il piacere della parola, considerata come
entità “sacra”: la parola che salva, la parola che uccide, la parola che
illumina, la parola che spegne, la parola che fonde e salda, la parola
che divide e allontana. Scoprimmo di avere in comune un interesse
particolare per le donne, intese come universi sconosciuti, territori da
esplorare e scoprire, veri unici poli di attrazione e fari nella notte
dei tempi e dei mondi. E scoprimmo di avere in comune un interesse
trainante per il carcere e i carcerati, per il mistero della prigionia
(avendo lei fatto un’esperienza carceraria).
Avevamo in comune,
io e Goliarda, anche un’altra cosa: la convinzione profonda di non
piegarsi alle pretese degli editori che ti chiedono sempre di ridurre e
mortificare quello che scrivi per farne un “raccontino commerciale”,
piegandoti alla superficialità, alle notazioni sommarie e generiche,
alle finte atmosfere, al già letto e sentito… solo per vendere qualche
copia in più. Sì, la pensavamo allo stesso modo sui nostri editori miopi
e incompetenti, ostili alla letteratura di qualità in nome di una
scrittura dozzinale, giornalistica, inconsistente. E del resto, allora
come oggi, le nostre case editrici pubblicavano e pubblicano quasi
esclusivamente letteratura di serie B e C. Quel po’ di serie A viene
dall’estero, in traduzione.
E, non a caso, dall’estero è venuto –
purtroppo, postumo – il riconoscimento della qualità somma della
scrittura di Goliarda, dai tedeschi (gli unici, ancora oggi in Europa
insieme con gli inglesi, a cercare e promuovere la letteratura più
significativa) e, di rimbalzo, dai francesi.
L’arte della gioia è
uno dei libri capitali della grande letteratura non solo italiana ma
europea del Novecento, un unicum sia pure dentro l’eccezionale palestra
stilistica dell’opera di Goliarda: uno di quei capolavori (come La
recherche, L’uomo senza qualità, Il fu Mattia Pascal, La coscienza di
Zeno, Gita al faro, Il gattopardo, Menzogna e sortilegio, Il mare non
bagna più Napoli…) in cui la parola che esonda trascina lo scrittore e
il suo racconto dentro il labirinto della vita ad altezze straordinarie.
Il
mondo di Goliarda è complesso eppure semplicissimo e, per orientarsi
dentro i suoi molteplici percorsi – vorticosi da togliere il respiro –,
un saggio come questo di Fausta Genziana Le Piane è molto utile.
(dalla Prefazione di Paolo Ruffili)
Fausta Genziana Le Piane, nata in Calabria, vive ed opera a Roma. Laureata in Lingue, ha insegnato francese e ha vinto una borsa di studio per la Romania.
Ha
curato le schede di lingua francese per la grammatica italiana
comparata di Paola Brancaccio e adattato classici francesi per la scuola
superiore. I suoi libri di poesie, Incontri con Medusa (Calabria
Letteraria), La Notte per Maschera (Edizioni del Leone) e Gli steccati
della mente (Penna d’autore) hanno incontrato il favore della critica.
Con
Tommaso Patti, ha pubblicato la raccolta di racconti Duo per tre,
Edizioni Associate, Roma (Prefazione di Paolo Ruffilli) cui ha fatto
seguito Al Qantarah-Bridge, Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e
Cariddi, Nicola Calabria Editore.
Ha pubblicato una raccolta di
racconti, La luna nel piatto, Edizioni Associate, Roma, con annesso un
sedicesimo dedicato alla pittura di Pinella Imbesi. Si occupa di
critica (AA.VV, Clio e la parola-Critica e crestomazia della poesia di
Maria Racioppi, Nuova Impronta, 2003; Francesco Dell’Apa, Dal tempo
unico, Città del Sole edizioni, 2003).
Già iscritta all’Ordine
dei giornalisti, dopo aver scritto per il “Il Giornale d’Italia”, per la
rivista “Poeti e Poesia” diretta da Elio Pecora ed essersi occupata di
gastronomia francese per la rivista “Real Pizza”, ora collabora con
“Rello”, “Il Giornale del Lazio”, “Calabriaonline” e “E’ tempo di
cultura”. Cura una rubrica d’arte per la Consulta delle donne di Wanda
Montanelli (“Parliamo d’arte”) e una pubblicazione bimestrale – Kenavò -
distribuita a Roma e in Sabina, diario delle attività culturali che si
svolgono in Casa Duir, a Casperia (Rieti). Ha pubblicato una serie di
quaderni (I Quaderni di Casa Duir) tra cui: Enrico Benaglia, il
pifferaio magico (Penna d’autore), Alla scoperta delle fave, Alla
scoperta dell’arte del collage e del décollage, Non di solo pane,
Lettere a Fausta, Spiritualità da Montefiolo).
Ha partecipato con
i suoi collages a varie esposizioni. Alcune poesie sono state tradotte
in francese, tedesco, inglese, spagnolo, romeno, russo, altre sono
state musicate dal compositore Giorgio Fioretta ed altre ancora,
infine, sono state oggetto di studio, a cura del Professore Patrick
Blandin, fra gli studenti della facoltà di Lingua e Cinema Italiani
dell’Università di Tolosa e di Bordeaux.
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