"SABBIE MOBILI"
di RITA PARISI
BUTTERFLY EDIZIONI
(recensione a cura di Federica Orsida)
Che
cosa saremmo noi senza le certezze che abbiamo?
La vita di Chiara scorre come un treno su un binario a senso unico.
Il rapporto complicato con la madre, l’affetto del padre, l’amore per Marco.
Una vita che sembrerebbe perfetta, la parolina magica è sembrerebbe.
La vita di Chiara subisce una violenta svolta quando scopre che non può avere
figli, una profonda depressione s’impadronisce di lei e sembra che non riesca o
non voglia uscirne. Si vede vuota e inutile, la parola “sterile” è cucita a
fondo nella sua mente e il dolore non la abbandona mai.
Brusco è il risveglio quando Marco, il marito amorevole, non ce la fa più,
Chiara si rialza, si rimette in piedi e ricomincia per crollare di nuovo quando
scopre il tradimento di Marco. Tutto scorre alla rinfusa, in un ciclo infinito
tra presente e passato.
Chiara rivive la sua infanzia e la sua adolescenza, con il padre complice e
amico, la madre fredda e distante.
Poi nel solaio di casa delle lettere portano alla luce una verità parziale,
tutte le certezze di Chiara crollano e lei si ritrova a dover fare i conti con
una realtà che non sa se può accettare.
Da una parte Marco e il bambino che l’amante di lui aspetta, dall’altra la
madre e delle verità che le sono state taciute.
Il libro “Sabbie Mobili” di Rita Parisi, edito dalla Butterfly edizioni,
spinge il lettore a una profonda riflessione su cosa faremmo se scoprissimo che
tutta la nostra vita è stata una bugia, che le persone che abbiamo amato ci
hanno mentito e ingannato. Che la persona di cui più ci fidavamo, non è chi
pensavamo che fosse. E la mancanza di amore da parte di una madre per la
propria figlia, è dettata da un dolore grande e, forse, impossibile da
affrontare.
Per trovare la verità, Chiara, dovrà scavare a fondo e solo il tempo e la
continua ricerca l’aiuteranno a capire e a ritrovarsi, fino all’accettazione
finale di una realtà che lascia storditi.
Un libro carico di colpi di scena e il finale s’intravede solo all’ultimissima
pagina…
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mercoledì 31 luglio 2013
martedì 30 luglio 2013
"Telebordello" di Fausto Bertolini (Libri segnalati 2013/18)
"TELEBORDELLO"
di FAUSTO BERTOLINI
GILGAMESH EDIZIONI
di FAUSTO BERTOLINI
GILGAMESH EDIZIONI
Un fonico lanciato sulla ribalta all’ultimo tuffo come assistente di
un luminare della matematica, un agente pubblicitario che si fa in
quattro per infilare lo spot di un profumo all’interno
della trasmissione della Messa domenicale, una soubrette con la
spiccata tendenza a inginocchiarsi, un anziano operatore che svela
l’agghiacciante, per quanto grottesco, retroscena della vicenda
di Vermicino: sono solo alcuni dei mostri televisivi che, affiancati
a personaggi di primo piano, anonimi ma facilmente riconoscibili, ci
vengono raccontati da Fausto Bertolini, uno che di
televisione se ne intende. Tra aneddoti e considerazioni personali,
che non scadono mai nel moralismo, ma anzi sono sostenuti da una
spiccata autoironia e dalla tendenza, quasi “terapeutica”, a
non prendere niente sul serio, si dipana la vicenda di Lea, ragazza
bellissima quanto inadatta alla recitazione, testarda e disposta a
tutto, ma proprio a tutto, pur di apparire, la quale alla
fine “ce la farà” in un modo che non avrebbe mai immaginato né
desiderato. A metà strada tra il romanzo e il memoriale, Bertolini ci
racconta la “sua” televisione, con uno stile asciutto, brioso
e senza peli sulla lingua, regalandoci un finale sbalorditivo che,
al di là di ogni altra valutazione, coglie nel segno e resta impresso
nella memoria per la sua capacità di rappresentare questi
strani giorni.
Fausto Bertolini nasce a Pegognaga (MN) nel 1944.
Laurea in filosofia. Master in psicologia del profondo. Dopo i corsi di
regia come auditore presso l’Accademia di arte
drammatica del “Piccolo Teatro” di Milano, diretto da Giorgio
Strehler, e presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, si
dedica alla regia teatrale, televisiva e cinematografica. Ha
diretto per un’importante emittente televisiva nazionale diversi
servizi e documentari. È stato assistente di Fellini (Il Casanova) e di Bertolucci (Novecento). Con Mursia ha
pubblicato L’angelo sulla credenza e L’amor non è polenta.
Per i tipi della Gilgamesh Edizioni è uscito nel 2011 il romanzo Negli occhi delle donne – Vita
sentimentale di Cartesio.
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lunedì 29 luglio 2013
"Mico è tornato coi baffi" di Massimiliano Scuriatti (Libri segnalati 2013/17)
"MICO E' TORNATO COI BAFFI"
di MASSIMILIANO SCURIATTI
EDIZIONI BIETTI
Sicilia, 1915. All'alba della Grande Guerra, Mico sta per raggiungere la stazione dei treni. Deve lasciare il piccolo villaggio di mare in cui è nato e cresciuto, per intraprendere il lungo viaggio che lo condurrà al fronte. Con lui, lungo la strada, il compagno di sempre, un giovane storpio, salvato dalla sua infermità dall'inferno che al nord attende i suoi dannati. Da tale doloroso distacco prende il via la storia di un'amicizia spezzata, una lunga e amara discesa nel baratro della vita. Scuriatti scrive un libro struggente, reso autentico dalle parole “intraducibili” della sua Terra, pennella quadri da cui escono soggetti vivi che sanno commuovere e che a tratti ricordano personaggi come Cinto ne La luna e i falò di Cesare Pavese: «...su una ruota stesa per terra era seduto un ragazzo, in camicino e calzoni strappati, una sola bretella, e teneva una gamba divaricata, scostata in modo innaturale. Era un gioco quello? Mi guardò sotto il sole, aveva in mano una pelle di coniglio secca, e chiudeva le palpebre magre per guadagnar tempo».
Massimiliano Scuriatti (1970) autore e sceneggiatore siciliano, vive in Lombardia e scrive ovunque. Torna spesso nella sua isola, per rivedere il mare, allentare il passo e soffermarsi a pensare. Mico è tornato coi baffi è il suo primo romanzo.
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di MASSIMILIANO SCURIATTI
EDIZIONI BIETTI
Sicilia, 1915. All'alba della Grande Guerra, Mico sta per raggiungere la stazione dei treni. Deve lasciare il piccolo villaggio di mare in cui è nato e cresciuto, per intraprendere il lungo viaggio che lo condurrà al fronte. Con lui, lungo la strada, il compagno di sempre, un giovane storpio, salvato dalla sua infermità dall'inferno che al nord attende i suoi dannati. Da tale doloroso distacco prende il via la storia di un'amicizia spezzata, una lunga e amara discesa nel baratro della vita. Scuriatti scrive un libro struggente, reso autentico dalle parole “intraducibili” della sua Terra, pennella quadri da cui escono soggetti vivi che sanno commuovere e che a tratti ricordano personaggi come Cinto ne La luna e i falò di Cesare Pavese: «...su una ruota stesa per terra era seduto un ragazzo, in camicino e calzoni strappati, una sola bretella, e teneva una gamba divaricata, scostata in modo innaturale. Era un gioco quello? Mi guardò sotto il sole, aveva in mano una pelle di coniglio secca, e chiudeva le palpebre magre per guadagnar tempo».
Massimiliano Scuriatti (1970) autore e sceneggiatore siciliano, vive in Lombardia e scrive ovunque. Torna spesso nella sua isola, per rivedere il mare, allentare il passo e soffermarsi a pensare. Mico è tornato coi baffi è il suo primo romanzo.
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sabato 27 luglio 2013
"Starry night" di Federico Leoni (Libri segnalati 2013/16)
"STARRY NIGHT"
di FEDERICO LEONI
EDIZIONI ENSEMBLE
di FEDERICO LEONI
EDIZIONI ENSEMBLE
Una festa di compleanno, un accendino
rubato e uno sganassone in piena faccia. Inizia così l’amicizia tra
Filippo e Sergio, o meglio Zippo e Zagana, diciottenni talmente diversi
tra loro da formare un duo inseparabile. Studente modello, timido e
schivo il primo, impiccione e testa calda, espulso dai principali
istituti privati il secondo. In poco tempo, i due riescono a raggiungere
la vetta della popolarità tra gli adolescenti figli di papà della Roma
bene, mettendo su un giro d’affari variegato che va dallo spaccio di
droga e dvd pornografici alle partite di poker truccate e alle scommesse
clandestine, fino allo sfruttamento della prostituzione. È un mondo
fatto di feste private, ville e fuoriserie, ma anche di pugili di
strada, metallari obesi e meccanici sadici. Ma nella vita di Filippo non
c’è solo questo: ci sono Fellini e Peter Pan, i Led Zeppelin e Marcello
Mastroianni, Neruda e Paul Auster; c’è la figura di un nonno
ingombrante. Ma soprattutto c’è Greta, che in pubblico mostra il suo
lato aggressivo mentre l’altro, quello vulnerabile e indifeso, non lo
svela a nessuno. Per lei Filippo dovrà decidersi a cambiare vita, ma
prima resta una cosa da fare, una mossa azzardata e rischiosa il cui
prezzo da pagare si rivelerà fin troppo alto.
Starry night è un romanzo che
nasce da un’assenza, proprio come il dipinto di Van Gogh che Filippo e
Greta ammirano ad Amsterdam, in cui il soggetto è il vuoto ed è la luce a
descrivere il buio. Proprio come la vita, che in fondo non è altro che
una storia costruita intorno al vuoto e ciò che conta davvero è come la
si racconta.
Federico Leoni ha 34
anni e vive a Roma. Giornalista professionista dal 2001, ha lavorato
prima a Radio Dimensione Suono e poi a Sky Tg24, dove ricopre il ruolo
di vice caporedattore. Nel 2008 ha pubblicato con UTET John McCain.
Tutte le guerre di Maverick, un saggio dedicato alle elezioni
presidenziali americane.
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venerdì 26 luglio 2013
"Spirito e carne" di Mario Grasso (Libri recensiti 2013/7)
"SPIRITO E CARNE"
di MARIO GRASSO
ALBUS EDIZIONI
(recensione a cura di Federica Orsida)
“Perché chi predica l’amore universale, non può amare?” E’ uno dei tanti interrogativi che ci poniamo da anni. Il sacerdozio impone a un uomo la castità, amare Dio e tutti i suoi figli senza l’unione di carne. Ogni uomo e donna è suo fratello in spirito, conosce i peccati e i segreti di tutti senza poterli rivelare “Spirito e Carne” di Mario Grasso, edito dalla Albus Edizioni, ci sottopone alcuni degli interrogativi che da anni ci poniamo tutti: la Sacralità del sacerdozio e l’importanza della Fede nella Chiesa o in Dio. Ognuno di noi può riconoscere in Don Nazzareno il parroco della propria parrocchia, tuttavia il libro di Mario Grasso scuote le coscienze di ognuno, facendoci interrogare sul significato di una Chiesa che, spesso, suona ipocrita, con un bisogno radicale di cambiamento. Un parroco che ama una donna e consuma, nel peccato, quell’amore che lo dilania e lo tormenta. Il dubbio… La confusione… Il peccato… Il bisogno di calore e di perdono. Una Chiesa che condanna molti, ma occulta i peccati dei suoi pastori con affinata maestria. L’amore verso Dio e l’amore verso una donna, una donna che si presenta da lui, non come l’Eva tentatrice, ma come un’umile serva di Dio. Una passione che stordisce, impressa e consumata nel peccato. Una trama sapientemente costruita dallo Scrittore, che rende la storia succosa e interessante. Un libro che suscita nel lettore moltissime domande, che appaiono senza risposta. Chi professa l’amore, ha il diritto di amare? Non sarebbe il momento, per la Chiesa, di riformarsi? Non sarebbe giusto consentire ai preti di sposarsi e di essere liberi di amare? Due le storie che s’intrecciano e si fondono, due storie simili e diversi, due pastori che hanno perso la retta via e la domanda che ci si pone è sempre la stessa: Qual è la cosa più importante l’amore di Dio che vincola e lega a sé oppure l’amore per una donna che capisce e ricambia? E perché una delle due cose deve escludere l’altra? Non potrete leggere questo libro e non chiedervelo anche voi. Una frase mi ha particolarmente colpito: “Credere in qualcosa che è al di fuori di noi aiuta a dominare i limiti che sono dentro di noi.” Gli essere umani hanno bisogno di credere nel divino, per credere in loro se stessi… Ci si affida alla preghiera per bisogno di conforto, di aiuto o semplicemente per necessità di un’assoluzione, che non arriva da nessun altra parte. E’ la Chiesa a condannare, non Dio…
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di MARIO GRASSO
ALBUS EDIZIONI
(recensione a cura di Federica Orsida)
“Perché chi predica l’amore universale, non può amare?” E’ uno dei tanti interrogativi che ci poniamo da anni. Il sacerdozio impone a un uomo la castità, amare Dio e tutti i suoi figli senza l’unione di carne. Ogni uomo e donna è suo fratello in spirito, conosce i peccati e i segreti di tutti senza poterli rivelare “Spirito e Carne” di Mario Grasso, edito dalla Albus Edizioni, ci sottopone alcuni degli interrogativi che da anni ci poniamo tutti: la Sacralità del sacerdozio e l’importanza della Fede nella Chiesa o in Dio. Ognuno di noi può riconoscere in Don Nazzareno il parroco della propria parrocchia, tuttavia il libro di Mario Grasso scuote le coscienze di ognuno, facendoci interrogare sul significato di una Chiesa che, spesso, suona ipocrita, con un bisogno radicale di cambiamento. Un parroco che ama una donna e consuma, nel peccato, quell’amore che lo dilania e lo tormenta. Il dubbio… La confusione… Il peccato… Il bisogno di calore e di perdono. Una Chiesa che condanna molti, ma occulta i peccati dei suoi pastori con affinata maestria. L’amore verso Dio e l’amore verso una donna, una donna che si presenta da lui, non come l’Eva tentatrice, ma come un’umile serva di Dio. Una passione che stordisce, impressa e consumata nel peccato. Una trama sapientemente costruita dallo Scrittore, che rende la storia succosa e interessante. Un libro che suscita nel lettore moltissime domande, che appaiono senza risposta. Chi professa l’amore, ha il diritto di amare? Non sarebbe il momento, per la Chiesa, di riformarsi? Non sarebbe giusto consentire ai preti di sposarsi e di essere liberi di amare? Due le storie che s’intrecciano e si fondono, due storie simili e diversi, due pastori che hanno perso la retta via e la domanda che ci si pone è sempre la stessa: Qual è la cosa più importante l’amore di Dio che vincola e lega a sé oppure l’amore per una donna che capisce e ricambia? E perché una delle due cose deve escludere l’altra? Non potrete leggere questo libro e non chiedervelo anche voi. Una frase mi ha particolarmente colpito: “Credere in qualcosa che è al di fuori di noi aiuta a dominare i limiti che sono dentro di noi.” Gli essere umani hanno bisogno di credere nel divino, per credere in loro se stessi… Ci si affida alla preghiera per bisogno di conforto, di aiuto o semplicemente per necessità di un’assoluzione, che non arriva da nessun altra parte. E’ la Chiesa a condannare, non Dio…
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martedì 23 luglio 2013
"Inyla di Sîkanoí - La Sacerdotessa dell’Amore" di Helena Giorgianni (Libri segnalati 2013/15)
"INYLA DI SIKANOI - LA SACERDOTESSA DELL'AMORE"
di HELENA GIORGIANNI
RUPE MUTEVOLE
La storia narrata in questo libro trae spunto dal mito decantato dai
Greci che, approdando sull’Isola di Sicilia, trovarono un popolo ed una
cultura fiorente, ricca di tradizioni, di spiritualità, organizzata
politicamente e strutturalmente, che accolse nella propria culla lo
straniero arrivato dal mare nel tempo precedente l’inizio dei contrasti e
delle guerre per il controllo della supremazia. I Sîkaní, in un’epoca
in cui i riti agricoli e religiosi si intrecciavano con il susseguirsi
delle stagioni, vedevano la terra come manifestazione Divina e Sacra e
muovevano la propria vita sociale intorno ad una simbologia di stampo
matriarcale, in cui il femminino ne simboleggiava il potere ricreativo e
fertile, manifestando attraverso il proprio corpo l’abbondanza della
Madre Terra. Naturalmente i riferimenti mitologici che si snodano nel
racconto, percorrendo luoghi di culto arcaici, si fondono con i
personaggi del libro per dar vita ad una storia immaginaria che non
vuole essere di contrasto verso opinioni diverse formulate da storici e
ricercatori del periodo in cui è ambientato il romanzo. Piuttosto si
desidera dare voce ad una memoria sepolta e dimenticata di cui restano
pochi frammenti e molti misteri. è un tentativo di ritrovare attraverso
questa scrittura radici ancestrali. L’Autrice Alle origini dei tempi tre
ninfe raccolsero nel loro vagabondare intorno al mondo, i doni più
preziosi offerti dalla terra stessa. Un giorno, attraversando il
mediterraneo incontrarono uno specchio d’acqua di tale bellezza che
decisero di disporsi in tre punti e lasciarono cadere tre pugni di terra
formando le tre punte della Trinacria. Terra feconda, accogliente e
rigogliosa. Cosparsa da fiori, frutti e bacche in cui tutti gli elementi
s’incontrano. Terra sognante fra mito e realtà. Terra terrificante,
sotto l’ombra del vulcano. Cuore pulsante di lava. Terra magica
dall’arcaica storia che si perde nella notte dei tempi. Terra,
affascinante per la misteriosa simbologia intrinseca. Musa dipinta e
raccontata da poeti e pittori visionari. Terra di Sicilia che continua a
sorprendermi ancora oggi.
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lunedì 22 luglio 2013
"Se mi distraggo perdo" di Anna Giurickovic (Libri recensiti 2013/6)
"SE MI DISTRAGGO PERDO"
di ANNA GIURICKOVIC
GORILLA SAPIENS EDIZIONI
(recensione a cura di Federica Orsida)
di ANNA GIURICKOVIC
GORILLA SAPIENS EDIZIONI
(recensione a cura di Federica Orsida)
“Ho pianto, non
avevo più acqua negli occhi,
il sale ha lasciato la scia in ogni mia ruga.”
Quattordici racconti diversi. Quattordici emozioni
diverse.
Cuori di donne diversi che palpitano e amano con
intensità. Storie che si intrecciano senza fondersi, che raccontano senza
perdersi. Che vibrano sensualmente come solo una donna può fare.
“Se
mi distraggo perdo” prima raccolta di racconti della
giovanissima Anna Giurickovic, edito da “Gorilla Sapiens Edizioni” filtra,
attraverso quattordici storie diverse, l’universo femminile, esaltandone la
fiera drammaticità di essere donne, esponendo il dolore e le più intense
emozioni femminili in un modo nuovo e unico.
Ogni racconto ha un tocco fresco e giovanile senza perdersi in finti
stereotipi triti e ritriti, offre al lettore una vivide visione del mondo
femminile, filtrando sentimenti, emozioni, amore e dolore.
La giovane Autrice offre spunti di riflessione
intensi e ben studiati, con uno stile nuovo e sapientemente studiato e
articolato.
“Se mi
distraggo… Perdo…”
venerdì 19 luglio 2013
Intervista alla scrittrice Adriana Assini (Interviste 2013/2)
INTERVISTA ALLA SCRITTRICE ADRIANA ASSINI
(intervista a cura di Matteo Pugliares)
Oggi siamo in compagnia di Adriana Assini, autrice di “Il mercante di zucchero” pubblicato dalla casa editrice Scrittura & Scritture.
Ciao Adriana, benvenuta nel nostro blog. Ti va di presentarti ai nostri lettori?
Volentieri!
Romana, sono un’appassionata di storie medievali, ma quando scrivo i miei romanzi sconfino spesso anche in altri periodi storici. Dipingo acquarelli, storie antiche con vezzo moderno. Ho pubblicato un bel numero romanzi e a tutti devo qualcosa. Incredibili le strade che può percorrere un buon libro! Proprio grazie ai miei personaggi e alle mie storie ho avuto spesso il privilegio di accedere a tanti e ambiti luoghi della cultura, anche stranieri, e l’opportunità di portare i miei libri in giro un po’ ovunque, dall’Aja fino a Siviglia…
Abbiamo tra le mani il tuo libro “Il mercante di zucchero”. Ce ne parli? Gianluca Squarcialupo, il protagonista del romanzo, era un esponente della media borghesia mercantile palermitana del primo Cinquecento, quando la Sicilia stava ancora sotto il dominio della Spagna di Ferdinando il Cattolico.
Verace e impulsivo, scavezzacollo leale e generoso, Gianluca commerciava in zucchero e tonni, ma s’immischiava pericolosamente anche nelle “cose” della politica. Deciso a ribellarsi agli abusi e alle vessazioni del malgoverno spagnolo organizzò una rivolta che, sebbene poco nota al grande pubblico, porta tuttora il suo nome.
Ne “Il mercante di zucchero” non ne ho fatto un eroe, almeno non nel senso classico del termine. Non ho esitato, infatti, a denunciarne le sue zone d’ombra: eccessi caratteriali, contraddizioni e incostanza che contaminavano anche la sua vita privata, segnata dai debiti e dall’infelicità per un amore impossibile. Gli ho tuttavia reso merito per aver avuto il coraggio, lui ch’era un semplice mercante, d’essersi improvvisato guerriero mettendosi a capo di una manciata di disperati pronti a dare scacco matto all’esercito del viceré, per restituire Palermo ai siciliani.
Un grande sogno il suo. Ambizioso quanto irrealizzabile. Dopo l’iniziale fortuna, infatti, andò in mille pezzi e finì in tragedia.
Vittima di un agguato nella chiesa dell’Annunziata, ordito da quelli che oggi chiameremmo i “poteri forti”, Gianluca Squarcialupo venne ammazzato come un cane, assieme ai suoi fedelissimi. Un episodio spaventoso, che dopo essere stato cancellato in tutta fretta dalla memoria dei suoi contemporanei, cadde nel completo oblio.
Il mio romanzo è dunque un piccolo omaggio a questo giovane che, tra coraggio e incoscienza, volle farsi novello Davide contro Golia, e che oggi, a distanza di secoli, è solo un nome inciso sulle fredde targhe stradali che gli sono state dedicate in varie città italiane.
Come e quando è nata la tua passione per la scrittura? Un’autentica passione la mia, nata prestissimo. Già a undici anni scrissi il mio primo romanzo, un vero polpettone, ma che evidentemente era premonitore della strada che avrei poi intrapreso. Sono affascinata dalla scrittura nel suo complesso e dalle singole parole: un mix di significati e di suoni capaci di raccontare immagini e trasmettere emozioni. E poi la passione per la Storia. Grazie a una serie di circostanze familiari, ho vissuto per anni in mezzo agli scavi di Ostia Antica, a stretto contatto con un passato che non muore, tra la sottile malia delle strade in pietra vulcanica, vecchie botteghe, il teatro romano, i resti decadenti e sublimi dei templi dove, al tramonto, quando i turisti lasciano le rovine, si possono ancora sentire le voci degli antichi dei.
Progetti di “scrittura” per il futuro? C’è un altro libro in dirittura d’arrivo? Scrivo molto. Come ripeto spesso, il mio è un “cantiere” sempre aperto. Sì, un altro mio romanzo aspetta d’essere pubblicato. Stavolta, siamo in pieno Medioevo. La trama è tratta, ma il titolo è ancora provvisorio.
Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Mi piacciono i romanzi storici, ma devono essere di agile lettura, che sappiano offrire la giusta sintesi degli eventi narrati senza perdersi in descrizioni e spiegazioni pedanti.
Amo anche i gialli alla Simenon.
Gli autori? Una per tutti, Marguerite Yourcenar, un’immortale.
Altra grande passione, oltre alla scrittura, la pittura. Abbiamo visto sul tuo sito che i tuoi dipinti vengono anche scelti per copertine di libri, CD, riviste… Anche i miei acquarelli sono fonte di continue soddisfazioni. Che vengano scelti per illustrare la copertina di un saggio o di una rivista letteraria, per me è sempre un momento di grande gratificazione. È un vero piacere anche pensare ai miei quadri sparsi qua e là nelle case di Roma o di Stoccolma, di Budapest o di Bruxelles, di Bilbao o di Madrid, Delft, Siviglia...
Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con la casa editrice Scrittura & Scritture? Ho conosciuto le sorelle Chantal ed Eliana Corrado di Scrittura & Scritture nel 2007, per puro caso, girando su internet. All’epoca avevo già pubblicato con diverse case editrici, con le quali ho mantenuto buoni rapporti, tuttavia - spirito irrequieto - ero alla ricerca di una che fosse in maggiore sintonia con il mio modo di essere e di lavorare. L’ho trovata in Scrittura & Scritture e da allora, insieme, abbiamo dato alla luce tre romanzi, oltre ad alcuni racconti. La mia soddisfazione per questa piccola ma ottima casa editrice partenopea nasce da elementi imprescindibili nella relazione dell’Editore con l’Autore: capacità di ascolto, accurato lavoro di editing, obiettivi di crescita, voglia di rinnovamento, serietà e trasparenza nelle rendicontazioni annuali. Tutto questo, nonostante le crescenti difficoltà di chi deve muoversi tra i colossi del settore (che fanno la parte del leone in molti contesti chiave) e tenendo testa a una crisi economica che non accenna a retrocedere.
Al di là della scrittura e della pittura, hai altri progetti per il futuro?
Scrittura e pittura, tra l’altro, sono uno splendido veicolo per viaggiare, altra mia grande passione. E il viaggio offre sempre occasioni di nuovi incontri, idee, percorsi, stimoli per reinventarsi…
Infine, un tuo augurio al nostro blog I Libri di Morfeo…
Il vostro è un “luogo” elegante, dinamico, un biglietto da visita impeccabile con una selezionata offerta di letture, autori e notizie facilmente fruibili. Insomma, per chi ama leggere, una tentazione a cui è difficile resistere. La qualità dei contenuti unita all’estrema leggibilità di ogni sezione sono una formula vincente, per questo il mio migliore augurio per I libri di Morfeo è quello che possa diventare sempre di più un polo di attrazione e di riferimento culturale nel grande minestrone che è internet.
Mille grazie per l’ospitalità!
Visita il sito di Adriana Assini cliccando QUI
(intervista a cura di Matteo Pugliares)
Oggi siamo in compagnia di Adriana Assini, autrice di “Il mercante di zucchero” pubblicato dalla casa editrice Scrittura & Scritture.
Ciao Adriana, benvenuta nel nostro blog. Ti va di presentarti ai nostri lettori?
Volentieri!
Romana, sono un’appassionata di storie medievali, ma quando scrivo i miei romanzi sconfino spesso anche in altri periodi storici. Dipingo acquarelli, storie antiche con vezzo moderno. Ho pubblicato un bel numero romanzi e a tutti devo qualcosa. Incredibili le strade che può percorrere un buon libro! Proprio grazie ai miei personaggi e alle mie storie ho avuto spesso il privilegio di accedere a tanti e ambiti luoghi della cultura, anche stranieri, e l’opportunità di portare i miei libri in giro un po’ ovunque, dall’Aja fino a Siviglia…
Abbiamo tra le mani il tuo libro “Il mercante di zucchero”. Ce ne parli? Gianluca Squarcialupo, il protagonista del romanzo, era un esponente della media borghesia mercantile palermitana del primo Cinquecento, quando la Sicilia stava ancora sotto il dominio della Spagna di Ferdinando il Cattolico.
Verace e impulsivo, scavezzacollo leale e generoso, Gianluca commerciava in zucchero e tonni, ma s’immischiava pericolosamente anche nelle “cose” della politica. Deciso a ribellarsi agli abusi e alle vessazioni del malgoverno spagnolo organizzò una rivolta che, sebbene poco nota al grande pubblico, porta tuttora il suo nome.
Ne “Il mercante di zucchero” non ne ho fatto un eroe, almeno non nel senso classico del termine. Non ho esitato, infatti, a denunciarne le sue zone d’ombra: eccessi caratteriali, contraddizioni e incostanza che contaminavano anche la sua vita privata, segnata dai debiti e dall’infelicità per un amore impossibile. Gli ho tuttavia reso merito per aver avuto il coraggio, lui ch’era un semplice mercante, d’essersi improvvisato guerriero mettendosi a capo di una manciata di disperati pronti a dare scacco matto all’esercito del viceré, per restituire Palermo ai siciliani.
Un grande sogno il suo. Ambizioso quanto irrealizzabile. Dopo l’iniziale fortuna, infatti, andò in mille pezzi e finì in tragedia.
Vittima di un agguato nella chiesa dell’Annunziata, ordito da quelli che oggi chiameremmo i “poteri forti”, Gianluca Squarcialupo venne ammazzato come un cane, assieme ai suoi fedelissimi. Un episodio spaventoso, che dopo essere stato cancellato in tutta fretta dalla memoria dei suoi contemporanei, cadde nel completo oblio.
Il mio romanzo è dunque un piccolo omaggio a questo giovane che, tra coraggio e incoscienza, volle farsi novello Davide contro Golia, e che oggi, a distanza di secoli, è solo un nome inciso sulle fredde targhe stradali che gli sono state dedicate in varie città italiane.
Come e quando è nata la tua passione per la scrittura? Un’autentica passione la mia, nata prestissimo. Già a undici anni scrissi il mio primo romanzo, un vero polpettone, ma che evidentemente era premonitore della strada che avrei poi intrapreso. Sono affascinata dalla scrittura nel suo complesso e dalle singole parole: un mix di significati e di suoni capaci di raccontare immagini e trasmettere emozioni. E poi la passione per la Storia. Grazie a una serie di circostanze familiari, ho vissuto per anni in mezzo agli scavi di Ostia Antica, a stretto contatto con un passato che non muore, tra la sottile malia delle strade in pietra vulcanica, vecchie botteghe, il teatro romano, i resti decadenti e sublimi dei templi dove, al tramonto, quando i turisti lasciano le rovine, si possono ancora sentire le voci degli antichi dei.
Progetti di “scrittura” per il futuro? C’è un altro libro in dirittura d’arrivo? Scrivo molto. Come ripeto spesso, il mio è un “cantiere” sempre aperto. Sì, un altro mio romanzo aspetta d’essere pubblicato. Stavolta, siamo in pieno Medioevo. La trama è tratta, ma il titolo è ancora provvisorio.
Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Mi piacciono i romanzi storici, ma devono essere di agile lettura, che sappiano offrire la giusta sintesi degli eventi narrati senza perdersi in descrizioni e spiegazioni pedanti.
Amo anche i gialli alla Simenon.
Gli autori? Una per tutti, Marguerite Yourcenar, un’immortale.
Altra grande passione, oltre alla scrittura, la pittura. Abbiamo visto sul tuo sito che i tuoi dipinti vengono anche scelti per copertine di libri, CD, riviste… Anche i miei acquarelli sono fonte di continue soddisfazioni. Che vengano scelti per illustrare la copertina di un saggio o di una rivista letteraria, per me è sempre un momento di grande gratificazione. È un vero piacere anche pensare ai miei quadri sparsi qua e là nelle case di Roma o di Stoccolma, di Budapest o di Bruxelles, di Bilbao o di Madrid, Delft, Siviglia...
Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con la casa editrice Scrittura & Scritture? Ho conosciuto le sorelle Chantal ed Eliana Corrado di Scrittura & Scritture nel 2007, per puro caso, girando su internet. All’epoca avevo già pubblicato con diverse case editrici, con le quali ho mantenuto buoni rapporti, tuttavia - spirito irrequieto - ero alla ricerca di una che fosse in maggiore sintonia con il mio modo di essere e di lavorare. L’ho trovata in Scrittura & Scritture e da allora, insieme, abbiamo dato alla luce tre romanzi, oltre ad alcuni racconti. La mia soddisfazione per questa piccola ma ottima casa editrice partenopea nasce da elementi imprescindibili nella relazione dell’Editore con l’Autore: capacità di ascolto, accurato lavoro di editing, obiettivi di crescita, voglia di rinnovamento, serietà e trasparenza nelle rendicontazioni annuali. Tutto questo, nonostante le crescenti difficoltà di chi deve muoversi tra i colossi del settore (che fanno la parte del leone in molti contesti chiave) e tenendo testa a una crisi economica che non accenna a retrocedere.
Al di là della scrittura e della pittura, hai altri progetti per il futuro?
Scrittura e pittura, tra l’altro, sono uno splendido veicolo per viaggiare, altra mia grande passione. E il viaggio offre sempre occasioni di nuovi incontri, idee, percorsi, stimoli per reinventarsi…
Infine, un tuo augurio al nostro blog I Libri di Morfeo…
Il vostro è un “luogo” elegante, dinamico, un biglietto da visita impeccabile con una selezionata offerta di letture, autori e notizie facilmente fruibili. Insomma, per chi ama leggere, una tentazione a cui è difficile resistere. La qualità dei contenuti unita all’estrema leggibilità di ogni sezione sono una formula vincente, per questo il mio migliore augurio per I libri di Morfeo è quello che possa diventare sempre di più un polo di attrazione e di riferimento culturale nel grande minestrone che è internet.
Mille grazie per l’ospitalità!
Visita il sito di Adriana Assini cliccando QUI
mercoledì 17 luglio 2013
"Fuera del juego" di Herberto Padilla (Libri segnalati 2013/14)
"FUERA DEL JUEGO"
di HERBERTO PADILLA
EDIZIONI IL FOGLIO
di HERBERTO PADILLA
EDIZIONI IL FOGLIO
Heberto
Padilla è uno dei poeti contemporanei più importanti in lingua castigliana.
Nel 1967 si trova al centro di una polemica ideologica a causa del
suo libro Fuera del juego. Nella primavera del 1971 il mondo conosce
il Caso Padilla, una grande farsa montata dalle autorità culturali
cubane che ricorda i processi sovietici, durante i quali gli intellettuali
di prestigio, principalmente poeti e scrittori, venivanocostretti
a ritrattare le loro opere in una sorta di autocritica pubblica.
Questo processo tocca a Heberto Padilla e a sua moglie Belkis Cuza
Malé. I due intellettuali sono obbligati a ripetere un copione preventivamente
concordato e orchestrato dalla Sicurezza di Stato. Nella così detta
autocritica Heberto si dichiara colpevole di essere un controrivoluzionario
e di aver commesso una serie di crimini politici. Tutti gli intellettuali
del mondo, soprattutto di sinistra, comprendono che si trattadi
un processo stalinista, reagiscono inviando lettere a Fidel Castro
facendo pressione perché Heberto e sua moglie siano lasciati liberi
di uscire da Cuba. Il Caso Padilla è la prima ferita aperta della
Rivoluzione Cubana e la prima vera crisi attraversata dal "paradiso
comunista". Heberto Padilla viene demolito dai membri dell'UNEAC
(Nicolas Guillén in testa) che seguono alla lettera le indicazioni
di Fidel Castro che lo definisce "un uomo ambizioso, iscritto
al cenacolo dei poeti e degli intellettuali da salotto con il solo
interesse di elevarsi in una società decadente". Le opinioni
internazionali sul Caso Padilla si dividono. Da un lato c'è la maggioranza
che considera l'autocritica come una vera e propria farsa, una specie
di operetta velenosa concepita, guidata e condotta dalla Sicurezza
di Stato. Dall'altro lato ci sono gli intellettuali allineati e
disciplinati che definiscono l'autocritica genuina, considerano
Heberto e Belkis alla stregua di agenti della Cia che consegnano
le armi al nemico e contribuiscono al deviazionismo ideologico tra
gli intellettuali e la classe politica. Il caso Padilla provoca
una rottura tra gli intellettuali della sinistra mondiale e la Cuba
castrista. Ci sono proteste e pressioni da parte di intellettuali
come Jean-Paul Sarte, Carlos Fuente e Mario Vargas Llosa. Padilla
chiede a Castro il permesso di lasciare il paese, ma gli viene negato.
È soltanto grazie alla pressione di Sartre, Simone de Beauvoir,
Alberto Moravia, Mario Vargas Llosa, che, nel 1980, Padilla viene
liberato e autorizzato a lasciare il paese. In questo stesso anno
conclude il romanzo En mi jardín pastan los heroes, che viene tradotto
in sette lingue, persino in italiano (Nel mio giardino pascolano
gli eroi, Mondadori - purtroppo fuori catalogo). Nel settembre del
2000, Padilla muore negli Stati Uniti, in una stanza di hotel dell'Alabama,
per un infarto cardiaco.
(Gordiano Lupi)
(Gordiano Lupi)
Heberto
Padilla (Pinar del Rio, 1932 - Alabama, 2000). Il suo più
importante libro di poesia è Fuera del Juego (premio «Julián del
Casal», concorso UNEAC, 1968), ma vanno citati anche i precedenti:
Las rosas audaces (1949) e El justo tiempo humano (1962) e i successivi:
Provocaciones (1973), El hombre junto al mar (1981), Un puente,
una casa de piedra (1998). Padilla scrive anche due romanzi come
El buscavidas (1963) e En mi jardín pastan los héroes, (1986) e
un saggio autobiografico come La mala memoria (1989). Di Heberto
Padilla niente risulta edito in italiano, a parte un'esaurita (e
ormai fuori catalogo) edizione Mondadori de Nel mio giardino pascolano
gli eroi. Fuera del juego è il simbolo della disillusione rivoluzionaria,
il libro che mette a nudo tutte le menzogne del castrismo e che
mostra il vero volto della dittatura.
lunedì 15 luglio 2013
"E per dolce mangia un cuore" di Giuseppe Pompameo (Libri recensiti 2013/5)
"E PER DOLCE MANGIA UN CUORE"
di GIUSEPPE POMPAMEO
SCRITTURA & SCRITTURE
(recensione a cura di Sebastiano Tuccitto)
Da subito mi sono chiesto perché l’autore consigliasse di mangiare come dolce, quindi soltanto a fine pasto, un cuore; poi ho compreso che alla fine di un pasto pesante e poco gradito come alla fine ipotetica di una vita ingiusta, solo un dolce riesce a dare quella spinta giusta, solo dalla dolcezza può arrivare la forza per ricominciare, e la dolcezza sta nel cuore, in un cuore privo di disordine e di catene. Un cuore libero non ha paura del proprio destino, di un destino “che si trascina dietro come una croce” perché il destino di ogni cuore è quello di amare e l’amore, si sa, non è croce da trascinare ma da innalzare.
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di GIUSEPPE POMPAMEO
SCRITTURA & SCRITTURE
(recensione a cura di Sebastiano Tuccitto)
“Tra lo scegliere di vivere o di morire a volte può
trascorrere un’intera, maledetta esistenza, se ne basta una, oppure soltanto un
attimo, il tarlo di un dubbio, d’un sospetto, un’amnesia.”
La scelta che si trovano a compiere i protagonisti delle
cinque storie sembra convergere in un’unica strada, seppur la via sembra
differente così come il modo di approcciarsi ad essa. Una strada angusta, mai
tracciata palesemente dall’autore ma facilmente identificabile nella
descrizione dei luoghi di ambientazione “col buio, in mezzo ai cani randagi, al
tanfo di orina dei sottomuri” e riconducibile a quelle stagioni incerte senza
differenze, fatte di “ stessi silenzi, la medesima, inutile attesa di niente”,
una strada quindi oscura, una di quelle dove puoi incontrare di tutto, puoi
incontrare te stesso: La strada che porta dritto al cuore, quella strada è la
vita.
-E per dolce mangia un cuore- Sembra un titolo beffardo per una serie di
racconti basati sull’insensibilità, la spietatezza e l’indifferenza, un titolo
che potrebbe attrarre gli appassionati del genere romantico senza però
lasciarli delusi, perché dietro il cinismo riscontrabile a primo impatto c’è
poi la sofferenza di chi sceglie di sopravvivere ad un destino inevitabile, un
tormento che quasi giustifica le intenzioni e le azioni stesse. Da subito mi sono chiesto perché l’autore consigliasse di mangiare come dolce, quindi soltanto a fine pasto, un cuore; poi ho compreso che alla fine di un pasto pesante e poco gradito come alla fine ipotetica di una vita ingiusta, solo un dolce riesce a dare quella spinta giusta, solo dalla dolcezza può arrivare la forza per ricominciare, e la dolcezza sta nel cuore, in un cuore privo di disordine e di catene. Un cuore libero non ha paura del proprio destino, di un destino “che si trascina dietro come una croce” perché il destino di ogni cuore è quello di amare e l’amore, si sa, non è croce da trascinare ma da innalzare.
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