di GIUSEPPE POMPAMEO
SCRITTURA & SCRITTURE
(recensione a cura di Sebastiano Tuccitto)
“Tra lo scegliere di vivere o di morire a volte può
trascorrere un’intera, maledetta esistenza, se ne basta una, oppure soltanto un
attimo, il tarlo di un dubbio, d’un sospetto, un’amnesia.”
La scelta che si trovano a compiere i protagonisti delle
cinque storie sembra convergere in un’unica strada, seppur la via sembra
differente così come il modo di approcciarsi ad essa. Una strada angusta, mai
tracciata palesemente dall’autore ma facilmente identificabile nella
descrizione dei luoghi di ambientazione “col buio, in mezzo ai cani randagi, al
tanfo di orina dei sottomuri” e riconducibile a quelle stagioni incerte senza
differenze, fatte di “ stessi silenzi, la medesima, inutile attesa di niente”,
una strada quindi oscura, una di quelle dove puoi incontrare di tutto, puoi
incontrare te stesso: La strada che porta dritto al cuore, quella strada è la
vita.
-E per dolce mangia un cuore- Sembra un titolo beffardo per una serie di
racconti basati sull’insensibilità, la spietatezza e l’indifferenza, un titolo
che potrebbe attrarre gli appassionati del genere romantico senza però
lasciarli delusi, perché dietro il cinismo riscontrabile a primo impatto c’è
poi la sofferenza di chi sceglie di sopravvivere ad un destino inevitabile, un
tormento che quasi giustifica le intenzioni e le azioni stesse. Da subito mi sono chiesto perché l’autore consigliasse di mangiare come dolce, quindi soltanto a fine pasto, un cuore; poi ho compreso che alla fine di un pasto pesante e poco gradito come alla fine ipotetica di una vita ingiusta, solo un dolce riesce a dare quella spinta giusta, solo dalla dolcezza può arrivare la forza per ricominciare, e la dolcezza sta nel cuore, in un cuore privo di disordine e di catene. Un cuore libero non ha paura del proprio destino, di un destino “che si trascina dietro come una croce” perché il destino di ogni cuore è quello di amare e l’amore, si sa, non è croce da trascinare ma da innalzare.
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