di DOMENICO INFANTE
SCRITTURA & SCRITTURE
(recensione a cura di Lucia Guglielmini)
“Sento la neve
cadere” fece Zu’ Lillo seduto sull’uscio della sua casa, sentendo che quelli
erano i suoi ultimi istanti di vita. La sua morte sugellava il carico di storie
dalle sfumature leggendarie, custodite tra le Madonie a ridosso del piccolo
borgo di Petralia Sottana; storie che traevano origine dal racconto di come
egli stesso anni addietro avesse speso tutto il suo giovane entusiasmo per
unirsi alla causa dei Mille di Garibaldi, le cui speranze, disilluse circa la
riassegnazione terriera dopo la caduta del regime borbonico, lo portarono alla conseguente
decisione di rifugiarsi tra le montagne fuori dal centro abitato, ma
soprattutto lontano dalla terra che gli aveva dato i natali.
È quanto Zu’
Lillo raccontava a Salvatore Salvati, vero protagonista di questo romanzo,
quando questi andava su tra le montagne a trovarlo. Salvatore non aveva altri
beni fuorché le terre da coltivare e la sua famiglia; la sua era un’esistenza
fatta di semplice quotidianità. Dalla moglie aveva avuto un unico figlio,
Esilio, il cui nome sbagliato all’anagrafe, destò inizialmente la
preoccupazione di un destino insito al nome.
In un
contesto prettamente bucolico, negli anni in cui in Europa si preparava lo
scempio dell’olocausto, le vicende di questa e altre famiglie si intrecciavano
in una dimensione altra, quasi staccata, preservata dall’orrore delle leggi
sulla razza. Ma era solo questione di tempo. Difatti, mentre Esilio e gli
inseparabili amici Gaspare e Peppina si affacciavano alla vita adulta, d’improvviso
la spensieratezza di quei giorni ebbe a tramutarsi in insospettabile dramma,
segno che il male dei tempi si era insinuato sin nelle pieghe più remote del
sistema. Una verità malcelata, l’affetto fraterno soffocato dall’ignorante
prepotenza di un’uniforme e la vita di un’intera comunità sconvolta da
un’indicibile violenza. Solo il tempo avrebbe alla fine alleviato il dolore di
una ferita sempre viva.Per acquistare il libro clicca QUI
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