sabato 24 agosto 2013

"Sabato Santo - Gli occhi di Cassandra" di Gio Sbrilli (Libri segnalati 2013/25)

"SABATO SANTO - GLI OCCHI DI CASSANDRA"
di GIO SBRILLI
EDIZIONI CREATIVA
Due racconti intimamente legati e accomunati da un filo conduttore: la guerra.
Val d’Orcia 1944. E’ lì che, con Sabato Santo, ci riportano i pensieri di un uomo ormai alla fine della sua vita che, tra rimorso e offuscamento della memoria, ricorda l’uccisione di tre militi, un vicebrigadiere e un appuntato dei carabinieri della Repubblica Sociale.
Gli occhi di Cassandra è la memoria di un’esperienza collettiva di guerra alla prima guerra del Golfo, dall’estate del 1990 alla primavera del 1991. Un’esperienza di grande ricchezza umana e politica per chi l’ha vissuta in quella che può essere una città qualunque di Italia o d’Europa. Il racconto si snoda tra flashback che riportano alla luce un percorso di formazione comune a tanti, così da diventare la storia su una generazione. Il diario di guerra alla guerra è pervaso però dalle visioni di un’altra guerra, quella sullo stretto dei Dardanelli nel XII sec a.C., attraverso lo sguardo sapiente della profetessa troiana privata del potere persuasivo della sua parola.
Un tema, quello della guerra, che, nonostante i secoli e gli anni, continua ad essere tristemente attuale. Un monito anche, a non stancarsi a levare la voce, pur consapevoli di rimanere inascoltati.
Gio Sbrilli, nata sul Monte Amiata, vive e lavora con passione come insegnante ad Arezzo. Ha tre figli, cura la scrittura e da qualche anno anche due iugeri di terra con 90 ulivi. Andare in bicicletta la rende felice.

venerdì 23 agosto 2013

"Il bacio di marzo" di Vanessa Falconi (Libri recensiti 2013/13)

"IL BACIO DI MARZO"
di VANESSA FALCONI
RUPE MUTEVOLE EDIZIONI
(recensione a cura di Matteo Pugliares)

Una poesia  chiara, rivelatrice di passione, quella di Vanessa Falconi nel suo “Il bacio di Marzo”.  Un continuo coinvolgimento attanaglia il lettore, quasi travolto dai versi che, ora interagiscono con le emozioni, ora sconvolgono come quel bacio di cui parla Oscar Wilde.
Poesie che evocano esperienze che ognuno di noi ha vissuto e che danno la sensazione che appartengano già a te, mentre scorri le righe, mentre assapori le pagine colme di calore umano.
Versi che scavano dentro per ritrovare sentimenti, gesti e modi del vivere umano che appartengono a tutti noi, incuranti degli allarmi che la nostra mente, a volte, antepone al lasciarsi andare all’estasi passionale.
E se cogliamo tra le righe tanta nostalgia e solitudine, come dice bene Fabio Turchetti nella Prefazione, allo stesso modo respiriamo vita vera, vissuta, quella vita che sa ancora sognare e fantasticare senza il bisogno di sentirsi morente, poiché anche il silenzio è colmo di desideri .(cfr. p. 32)
“Che fatica dirti che t’amo!” Ma chi non riesce a dirlo, forse, ha dimenticato di essere uomo… forse, in quell’incapacità di dire ti amo si cela una vita che è solo apparenza ma che, in realtà, è già morte.
“Il bacio di Marzo” è un bacio che vale per ogni stagione!

Vanessa Falconi, 42 anni, vive a Roma, città in cui completa i suoi studi umanistici.
Dimostra sin dalla tenera età un’attitudine per le humanae  littarae: conclusi gli studi liceali, si laurea in Lettere a 24 anni appena compiuti con una laurea su Alberto Moravia.
Innamorata dello studio, prosegue ancora iscrivendosi alla facoltà di Scienze Politiche, dove però non terminerà il corso di laurea.
Doppiatrice di spot televisivi, inizierà una percorso come giornalista nel ramo medico, interessandosi per lo più di dermatologia, e in questo campo, contribuirà attivamente alla stesura di una rivista medica, sia come correttore di bozze, curando l’editing e anche pubblicando articoli.
Inizia un’intensa collaborazione alla radio, scrivendo una rubrica da lei condotta sulla storia e l’evoluzione del Calcio; negli stessi anni, collaborerà anche con due giornalisti della tv sia come giornalista.
Pubblica in diverse collane poetiche alcune delle sue poesie, fino ad arrivare a “Il bacio di marzo”, suo primo libro, pubblicato per conto di Rupe Mutevole Editore.
Scrive per un blog di letteratura, nel quale pubblica interviste ad autori.
Vanessa Falconi è anche amante della pittura, soprattutto di quella ad olio.
Ama la musica, la natura e adora viaggiare.

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martedì 20 agosto 2013

"Se domani si vive o si muore" di Giuseppe Truini (Libri segnalati 2013/24)

"SE DOMANI SI VIVE O SI MUORE"
di GIUSEPPE TRUINI
EDIZIONI ENSEMBLE
Cinque ragazzi si trovano in una macchina al centro di piazza del Quirinale: sono pieni di esplosivo e minacciano di far saltare in aria ogni cosa nell’arco di cento metri. Uno di loro, Lino, racconta la propria storia, che si incrocia con quella degli altri quattro. A 29 anni il protagonista è uno studente fuori sede e fuori corso. Il padre, imprenditore, lo obbliga a lasciare Roma e ad andare a Torino per risollevare le sorti dell’azienda di famiglia. Dopo un litigio lascia la sua ragazza, Michela, e prima di partire passa a salutare il fratello, spacciatore con laurea in economia, e la madre, donna tranquilla e rasserenante. Ad accoglierlo a Torino c’è Alberto, suo coetaneo e dipendente del padre. Da lui Lino apprende i rudimenti di un lavoro del quale si è sempre disinteressato. Tra i due nasce un’amicizia che porta il protagonista a conoscere anche i coinquilini di Alberto: Vincenzo, un chimico siciliano precario che lavora in un laboratorio che produce esplosivi, la bellissima Lidia che usa il proprio corpo come un lasciapassare per cercare di ottenere un lavoro altrimenti a lei precluso, e Andrea, superficiale studente fuori corso che per mantenersi fa il dj e il prostituto occasionale. I cinque fanno amicizia e ad emergere ben presto è il senso di insoddisfazione per le proprie vite che, nonostante le capacità e l’abnegazione, non riescono a decollare. Nessuno di loro si sente bene nella propria condizione ma nello stesso tempo nessuno riesce a trovare un’alternativa. Se non ci sono porte, l’unico modo per uscire da una stanza è sfondare un muro.
Lino non riesce ad ottenere i finanziamenti per far ripartire l’azienda di famiglia a causa dell’ottusità del titolare della banca e, la stessa sera, va insieme ai suoi amici in un locale. Lidia incontra un uomo, figlio di un senatore, che dovrebbe finalmente farle ottenere un lavoro. All’apparenza, sembrerebbe una delle solite storie di Lidia, perché i due si appartano nel parcheggio del locale. La ragazza però scopre che l’uomo non ha alcuna intenzione di assumerla, anzi, nell’ambiente lei è considerata come bellissima, disponibile e di lei si è convinti che facilmente si concede per ottenere favori. Lidia capisce che la sua tattica è completamente fallita e perciò, arrabbiata, si nega all’uomo che prova a violentarla. I suoi amici, tra cui Lino, accorrono alle sue grida, intervengono e, dopo averla liberata, la portano in polizia per denunciare l’accaduto. In caserma, quando sentono che si tratta del figlio del senatore, cercano di mettere tutto a tacere.
Giuseppe Truini, classe 1979, è nato in provincia di Frosinone, dove attualmente vive. Di mestiere – ma in maniera precaria – fa l’insegnante. Ha vissuto a Roma e Siena, poi è partito per il Piemonte, senza valigia di cartone ma con una macchina zeppa di coperte e libri. Se domani si vive o si muore è il suo primo romanzo.

lunedì 19 agosto 2013

"La rivoluzione della luna" di Andrea Camilleri (Libri recensiti 2013/12)

"LA RIVOLUZIONE DELLA LUNA"
di ANDREA CAMILLERI
SELLERIO EDITORE
(recensione a cura di Costantino Rabiolo)

Come sempre accade con Camilleri, che ha fatto sua uno dei principi del suo famoso compaesano Pirandello, ciò che sembra, molto spesso, non è. In quest’opera lo si nota già dal titolo, in quanto la rivoluzione della luna letteralmente altro non è che il movimento che il satellite lunare compie attorno alla terra in un tempo medio di 28 giorni. Ma in questo romanzo, la Rivoluzione della Luna è intesa anche come vera e proprio rivoluzione sociale ed etica, di ruoli e prassi, di cattive tendenze e oppressive tradizioni, di falsi moralismi e blasfemi peccati, portati avanti con fredda lucidità e grande passione da colei che è la Luna per antonomasia: la Donna.
Camilleri con quest’opera torna al romanzo storico, prendendo spunto dalla storia di Eleonora Di Mora, moglie del vicerè Angel De Guzman, citata dal libro “Dizionario delle figure, delle istituzioni e dei costumi della Sicilia” di Francesco Castiglione. Come in altri romanzi storici, per l’appunto, l’autore rimarca quei caratteri tipici della sicilianità e dell’uomo in rapporto al potere, i suoi difetti e i suoi pregi, la sua bramosia e la sua tenacia, l’asservimento e la complicità, la correttezza e la moralità. Ma in quest’opera si supera in un ricercato ed estremo omaggio alla donna, descrivendo le doti di quest’essere puro, bello, intelligente che non riesce a sporcarsi dal solito marciume che ricopre chi gestisce il potere, che non scende a compromessi, che parla una lingua diversa ma riesce sempre a farsi capire.
L’autore agrigentino ci racconta, con la solita commistione di italo siciliano che caratterizza le sue opere, di questo Vicerè che a causa di una malattia che lo aveva reso inabile al suo oneroso compito di governatore dell’isola, e divenuto quindi vittima facilmente influenzabile e manovrabile da coloro che dovrebbero consigliare e rappresentare l’interesse del popolo, e che invece tradiscono tutto e tutti per interessi personali e avidità, muore lasciando scandalosamente come sua erede la moglie, cioè una donna.
Una donna in una Sicilia del 17° secolo non aveva diritti neanche sulla sua stessa persona ed invece qui la si ritrova addirittura alla massima carica del governo, in piena lotta al malaffare, al vizio, alla prepotenza, alle calunnie, all’ingiustizia, alla fame, alla povertà. Questa donna che affronta una lotta tremenda e sanguinosa portata avanti da un clero che di carità cristiana aveva solo gli abiti, e a volte neanche quelli, con la sagacia e la fiducia negli uomini di vera buona volontà.
Da buon siciliano, più fatalista che realista, si intuisce che “non è cosa che potrà durare”. Ma nel breve tempo di una rivoluzione lunare, la nostra eroina rivoluziona l’esistenza di un popolo che l’aveva accolta tra i soliti luoghi comuni tipicamente sessisti e propri di una cultura incline ad aver paura del cambiamento, che si ritrova capace di cambiare e di credere, nella giustizia e nel futuro, e a provare fiducia verso chi lo governa.
Anche questa volta, i paragoni tra l’attualità e il romanzo, sono immediati, come in un po’ tutti i romanzi di Camilleri, lasciandoti quella voglia struggente di veder sbarcare domani una nuova Luna sulle nostre belle e travagliate coste, per tornare a rivoluzionarci l’esistenza.

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sabato 17 agosto 2013

"L'ombra del bosco scarno" di Massimo Rossi (Libri segnalati 2013/23)

"L'OMBRA DEL BOSCO SCARNO"
di MASSIMO ROSSI

SCRITTURA & SCRITTURE
Nella comunità di San Mathias il male sembra essere più forte degli uomini…
La tranquillità degli abitanti della valle di Stille, un altopiano isolato e di difficile accesso, è stata turbata. Qualcuno ha violato una delle regole millenarie del Metodo imposto dal fondatore san Mathias. Il parroco don Basilius, guida spirituale dei valligiani, è preoccupato: un pericolo sconosciuto sta per abbattersi sulla comunità.
Come se non bastasse, un bambino scompare misteriosamente nel bosco. Verrà riportato a casa apparentemente in buone condizioni ma ostaggio di un mutismo che potrebbe essere senza via di uscita.
Cos'è successo nel buio di quel bosco? Il bambino si è solo perso o qualcuno lo ha rapito? I suoi occhi hanno forse visto qualcosa che doveva rimanere nell'ombra?
Indizi e sospetti si stringono intorno a una vecchia auto e al maso Becker, proprietà di un famoso e piuttosto eccentrico stilista svizzero.
La psicologa Helena, una ex poliziotta scelta per il recupero del piccolo, con pazienza traccia un percorso nelle indagini mettendo a nudo lati oscuri del luogo e dei suoi abitanti, segreti inimmaginabili.
Un thriller psicologico intenso macchiato di noir, in cui tutto e tutti possono essere il contrario di quello che sembrano.

Massimo Rossi, classe '58, è nato a San Donà di Piave e vive tra la sua città di origine e la vicina Treviso, dove lavora. Nella razza Piave, popolo di persone forti, ostinate, testarde, lui si riconosce perfettamente. I genitori lo vorrebbero giornalista ma, attratto dai numeri e dalla loro sincerità, studia da ingegnere, e per anni mette a frutto quanto la scuola e l'esperienza gli hanno insegnato, misurando coi numeri l'ambiente che gli sta intorno. Ma non sempre tutto è così come appare agli sguardi sopiti della gente e così la penna diventa uno strumento per provare a scrivere una realtà in cui non sempre i buoni e i cattivi sono come appaiono agli occhi dei più. Il dubbio è il calibro che usa per misurare le vicende umane delle sue storie dove, al pari della vita, ognuno è solamente in parte quel che sembra. Di sicuro, nemmeno lui, ingegnere e calcolatore, è interamente uguale a ciò che appare.
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venerdì 16 agosto 2013

"Imperfetto" di Matteo Pugliares (Libri recensiti 2013/11)

"IMPERFETTO"
di MATTEO PUGLIARES
EDIZIONI CREATIVA
(recensione a cura di Federica Orsida)


Imperfetto è qualcosa di indefinito e non capito. Imperfetta è la debolezza umana, incapace di ribellarsi e di porsi le domande giuste, finendo per uniformarsi agli altri. Imperfetta è la follia che ci rende ciò che siamo... Il libro "Imperfetto" di Matteo Pugliares, edito da Edizioni Creativa, sprona il lettore a una profonda riflessione dell'animo umano nella sua imperfezione. La perfezione, dicono, sia una cosa soggettiva. Dopo aver letto il libro di Matteo, mi sono chiesta: E l'imperfezione? A chi appartiene? Penso appartenga a pochi eletti che sono in grado di coglierne il senso e la bellezza. Appartiene a coloro che non si accontentano di una perfezione soggettiva e scelgono la follia imperfetta. A coloro che sanno guardare oltre il patino laminato che circonda la nostra società e decidono di non piegarsi, di non allinearsi agli altri. Il libro di Matteo si distingue dalla massa di titoli che affollano le nostre librerie proprio per la sua imperfezione, per il suo stravolgere le regole della scrittura in una serie di capitoli, senza un apparente filo logico tra di loro, ma legati da una serie di domande e riflessioni profonde e crescita interiore delineata da un filo di imperfetta follia. Concludo condividendo con voi, uno dei passi che mi ha maggiormente colpito:
"E guarderò la luna e le stelle e mi sentirò piccolo piccolo. E appena apparirà una stella cadente, non esprimerò alcun desiderio perché nulla io desidero di ciò che già non ho. E mi guarderò allo specchio e non mi riconoscerò. E lo specchio rifletterà l'immagine di nessuno."
L'imperfezione folle è migliore di una perfezione soggettiva e artefatta. Da oggi sarò Imperfetta anch'io....

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martedì 13 agosto 2013

"La meraviglia è nemica della prudenza" di Fausta Genziana Le Piane (Libri segnalati 2013/22)

"LA MERAVIGLIA E' NEMICA DELLA PRUDENZA"
INVITO ALLA LETTURA DE "L'ARTE DELLA GIOIA" DI GOLIARDA SAPIENZA
di FAUSTA GENZIANA LE PIANE
Ho conosciuto Goliarda Sapienza negli anni Settanta come poetessa. Delle sue poesie mi aveva parlato con entusiasmo Attilio Bertolucci. Anche se lei si sentiva votata soprattutto alla narrazione. Ma Goliarda aveva una naturale disposizione alla scrittura lirica indipendentemente dal fatto che si trattasse di poesia, anzi di più proprio nella sua prosa. Pensava che scrivere fosse il modo per rubare le parole al vuoto, sottrarle all’indistinto e impronunciato… e ogni parola per lei aveva un valore assoluto, proprio come in poesia.
La simpatia fu reciproca, nell’occasione degli argomenti di cui continuammo a parlare tra un caffè e l’altro (io), tra una sigaretta e l’altra (lei). Non avevamo in comune soltanto il piacere della parola, considerata come entità “sacra”: la parola che salva, la parola che uccide, la parola che illumina, la parola che spegne, la parola che fonde e salda, la parola che divide e allontana. Scoprimmo di avere in comune un interesse particolare per le donne, intese come universi sconosciuti, territori da esplorare e scoprire, veri unici poli di attrazione e fari nella notte dei tempi e dei mondi. E scoprimmo di avere in comune un interesse trainante per il carcere e i carcerati, per il mistero della prigionia (avendo lei fatto un’esperienza carceraria).
Avevamo in comune, io e Goliarda, anche un’altra cosa: la convinzione profonda di non piegarsi alle pretese degli editori che ti chiedono sempre di ridurre e mortificare quello che scrivi per farne un “raccontino commerciale”, piegandoti alla superficialità, alle notazioni sommarie e generiche, alle finte atmosfere, al già letto e sentito… solo per vendere qualche copia in più. Sì, la pensavamo allo stesso modo sui nostri editori miopi e incompetenti, ostili alla letteratura di qualità in nome di una scrittura dozzinale, giornalistica, inconsistente. E del resto, allora come oggi, le nostre case editrici pubblicavano e pubblicano quasi esclusivamente letteratura di serie B e C. Quel po’ di serie A viene dall’estero, in traduzione.
E, non a caso, dall’estero è venuto – purtroppo, postumo – il riconoscimento della qualità somma della scrittura di Goliarda, dai tedeschi (gli unici, ancora oggi in Europa insieme con gli inglesi, a cercare e promuovere la letteratura più significativa) e, di rimbalzo, dai francesi.
L’arte della gioia è uno dei libri capitali della grande letteratura non solo italiana ma europea del Novecento, un unicum sia pure dentro l’eccezionale palestra stilistica dell’opera di Goliarda: uno di quei capolavori (come La recherche, L’uomo senza qualità, Il fu Mattia Pascal, La coscienza di Zeno, Gita al faro, Il gattopardo, Menzogna e sortilegio, Il mare non bagna più Napoli…) in cui la parola che esonda trascina lo scrittore e il suo racconto dentro il labirinto della vita ad altezze straordinarie.
Il mondo di Goliarda è complesso eppure semplicissimo e, per orientarsi dentro i suoi molteplici percorsi – vorticosi da togliere il respiro –, un saggio come questo di Fausta Genziana Le Piane è molto utile.
(dalla Prefazione di Paolo Ruffili)


Fausta Genziana Le Piane, nata in Calabria, vive ed opera a Roma. Laureata in Lingue, ha insegnato francese e ha vinto una borsa di studio per la Romania.
Ha curato le schede di lingua francese per la grammatica italiana comparata di Paola Brancaccio e adattato classici francesi per la scuola superiore. I suoi libri di poesie, Incontri con Medusa (Calabria Letteraria), La Notte per Maschera (Edizioni del Leone) e Gli steccati della mente (Penna d’autore) hanno incontrato il favore della critica.
Con Tommaso Patti, ha pubblicato la raccolta di racconti Duo per tre, Edizioni Associate, Roma (Prefazione di Paolo Ruffilli) cui ha fatto seguito Al Qantarah-Bridge, Un ponte lungo tremila anni fra Scilla e Cariddi, Nicola Calabria Editore.
Ha pubblicato una raccolta di racconti, La luna nel piatto, Edizioni Associate, Roma, con annesso un sedicesimo dedicato alla pittura di Pinella Imbesi. Si occupa di critica (AA.VV, Clio e la parola-Critica e crestomazia della poesia di Maria Racioppi, Nuova Impronta, 2003; Francesco Dell’Apa, Dal tempo unico, Città del Sole edizioni, 2003).
Già iscritta all’Ordine dei giornalisti, dopo aver scritto per il “Il Giornale d’Italia”, per la rivista “Poeti e Poesia” diretta da Elio Pecora ed essersi occupata di gastronomia francese per la rivista “Real Pizza”, ora collabora con “Rello”, “Il Giornale del Lazio”, “Calabriaonline” e “E’ tempo di cultura”. Cura una rubrica d’arte per la Consulta delle donne di Wanda Montanelli (“Parliamo d’arte”) e una pubblicazione bimestrale – Kenavò - distribuita a Roma e in Sabina, diario delle attività culturali che si svolgono in Casa Duir, a Casperia (Rieti). Ha pubblicato una serie di quaderni (I Quaderni di Casa Duir) tra cui: Enrico Benaglia, il pifferaio magico (Penna d’autore), Alla scoperta delle fave, Alla scoperta dell’arte del collage e del décollage, Non di solo pane, Lettere a Fausta, Spiritualità da Montefiolo).
Ha partecipato con i suoi collages a varie esposizioni. Alcune poesie sono state tradotte in francese, tedesco, inglese, spagnolo, romeno, russo, altre sono state musicate dal compositore Giorgio Fioretta ed altre ancora, infine, sono state oggetto di studio, a cura del Professore Patrick Blandin, fra gli studenti della facoltà di Lingua e Cinema Italiani dell’Università di Tolosa e di Bordeaux.

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lunedì 12 agosto 2013

"Scarlet - Morire per vivere" di Chiara Casalini (Libri segnalati 2013/21)

"SCARLET - MORIRE PER VIVERE"
di CHIARA CASALINI
LOQUENDO EDITRICE
Il mito dei vampiri e il loro mondo tenebroso e affascinante da sempre ci catturano in una visione romantica, nonostante tante sanguinarie leggende. Più simile a un diario postumo che a un classico romanzo vampiresco, questo libro ci mostra il mondo umano attraverso gli occhi di una nuova non-vita: l’amore, il dolore, la solitudine come rifugio e poi… l’incontro con un personaggio dal volto misteriosamente familiare che porterà Scarlet ad addentrarsi, in cerca di risposte, in un mondo oscuro e crudele, dove sarà costretta a confrontarsi con tutte le paure e i ricordi da cui era sempre fuggita. La storia di un’esistenza umana raccontata dopo la morte e l’abbraccio.
Nata nel ’77 a Legnago, Chiara Casalini inizia a scrivere molto presto. Espressioni personali e intime, destinate a lei soltanto. Nel ’91, la sua passione per le materie letterarie e umanistiche la spinge a iscriversi al Liceo Classico, ma la rigidità di quell’ambiente le risulta opprimente e soffocante; approda così all’Istituto d’Arte, grazie al quale trova poi impiego come grafica pubblicitaria. È da allora che, poco più che ventenne, inizia a raccogliere e riorganizzare ciò che aveva scritto. Spronata da alcuni amici, scrive il suo primo romanzo, Scarlet, diario di una ragazza molto particolare. Ma ogni idea chiama una nuova idea e Chiara sta già lavorando ad un secondo libro…
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venerdì 9 agosto 2013

Intervista allo scrittore Massimiliano Scuriatti (Inteviste 2013/3)

INTERVISTA ALLO SCRITTORE MASSIMILIANO SCURIATTI
(intervista a cura di Matteo Pugliares)


Oggi siamo in compagnia di Massimiliano Scuriatti, autore di “Mico è tornato coi baffi” pubblicato dalla casa editrice Bietti.
Ciao Massimiliano, benvenuto nel nostro blog. Ti va di presentarti ai nostri lettori?
Certamente. Sono nato ad Augusta, cittadina della costa orientale della Sicilia, dove ho vissuto fino al giorno in cui, poco più che diciottenne, ho deciso di “emigrare” al nord, prima a Torino, poi a Bologna, per tentare di dare un senso alla mia vita e alla mia passione per la scrittura. A parte la laurea al DAMS di Bologna e svariati corsi e workshop, il mio interesse era quello di entrare in contatto con il mondo vero del teatro, di avvicinare drammaturghi, registi e autori affermati, musicisti, cineasti. Ho sempre avuto un certo talento – se così possiamo dire – nell'inserirmi negli ambienti che più mi interessano, ed è in questo modo che sono riuscito a entrare in contatto con i “dietro le quinte” delle realtà artistiche e culturali di quegli anni. Oltre la teoria, sentivo necessario costruirmi un’esperienza sul campo. In seguito, ho avuto modo di lavorare per alcuni anni per la tv, dove ho scoperto di avere una certa propensione per il genere comico, e dove ho capito, almeno nel mio caso, che in certo qual modo è la storia che si vuole raccontare a suggerire le modalità stilistiche in cui sarebbe giusto farlo. Mentre lavoravo per la tv, a contatto con studi, comici e presentatori, cercavo di affinare le mie doti di scrittore di altro tipo, nell'attesa di propormi al pubblico con altri progetti che mi stavano particolarmente a cuore, uno dei quali è senza dubbio il mio primo romanzo.
Abbiamo tra le mani il tuo libro “Mico è tornato coi Baffi”. Ce ne parli?
Mico è tornato coi baffi è il mio primo lavoro di narrativa. Si tratta di un romanzo breve, o racconto lungo – volendo classificarlo. Si ambienta nella Sicilia della provincia siracusana, durante gli anni della Grande Guerra. Protagonista è un giovane storpio – uno sciancato lo definisco più volte – il quale, proprio per la sua menomazione, viene esonerato dal partire per il fronte, limitandosi ad accompagnare il suo amico di infanzia – Mico, appunto – che, viceversa, è stato arruolato nonché spedito in una qualche sperduta trincea. È, in breve, la storia di un'amicizia brutalmente interrotta dal conflitto mondiale, una riflessione sulla insensatezza della guerra e, soprattutto, sulla difficoltà di accettare i cambiamenti che la vita ci impone. Quando Mico torna dalla guerra, il nostro protagonista – che non ha nome – stenta a riconoscerlo, non solo per i baffi che il compagno di infanzia si è fatto crescere, elemento che denota un evidente cambiamento a livello fisico; non lo riconosce per certi, inediti risvolti psicologici e di atteggiamento che il nostro, tuttavia, non intende accettare. La guerra di certo cambia le persone; più di tutto, però, è la vita stessa che può cambiarci irrimediabilmente, quando non siamo più in grado di controllarne l’impeto doloroso e inaspettato con cui ci travolge. Ed è proprio questo che il mio protagonista rifiuta, non perché non abbia la curiosità e la voglia di progredire, ma perché sa che i suoi cambiamenti, per l’intera sua esistenza, si muoveranno alla stessa velocità di un uomo che deambula su delle stampelle di legno. Per chiudere, è una storia sul senso della vita, ovviamente dal punto di vista dell’eroe, intrisa di pensieri e di azione e colpi di scena dal “sapore cinematografico” (riporto un commento ricorrente da parte di molti miei lettori).
Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
Dai miei ricordi e dai racconti dei miei, prima della scrittura la mia iniziale passione è stata quella di raccontare delle storie, diciamo così, oralmente. Ho sempre avuto una fervida immaginazione e, a quanto pare, era così evidente da avere spesso rischiato di passare per un bambino che si inventava le cose di sana pianta. La mia passione per la scrittura è poi passata attraverso la passione per la lettura. È la lettura dei primi libri a misura di bimbo che mi ha dato la possibilità di capire che anch’io avrei potuto trasferire sulla carta le mie storie, fino ad allora raccontate a voce. Ho iniziato così e non mai più smesso. E credo anche che non smetterei nemmeno se decidessi di fare un lavoro del tutto diverso.
Progetti di “scrittura” per il futuro? C’è un altro libro in dirittura d’arrivo?
Entro la fine del 2013 è prevista l’uscita di un mio corposo saggio su Totò, mentre il nuovo romanzo uscirà nel 2014. Un altro progetto editoriale, di cui sono in questo caso curatore, vedrà anch’esso la luce l’anno prossimo, ma di quest’ultimo ne potremo parlare in modo più approfondito tra un po’. Sto inoltre lavorando sull’allestimento di un dramma teatrale in due atti, da me ideato e scritto.
Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Mi riesce più facile rivelare i generi che non preferisco: il fantasy, l’horror, la fantascienza sono generi che mi interessano meno, mentre, in generale, sono attratto dalle storie in cui entrano in ballo i rapporti umani nei rispettivi contesti storici. Ciò non significa che rigetti la dimensione fantastica di certi romanzi, come ad esempio in alcuni di Calvino o di molta letteratura sudamericana… In quest’ultimo caso, La casa degli spiriti della Allende non sarebbe stato il gran romanzo che è, senza quell’incontro tra le reali e terribili vicende cilene, fino al golpe di Pinochet, e l’elemento sovrannaturale di certi suoi personaggi. Per ciò che riguarda i miei autori preferiti, la lista sarebbe davvero lunga. Da siciliano, non posso non amare i nostri planetari Pirandello, Verga, Capuana, Bufalino, Fava Consolo, Sciascia e così via. Amo particolarmente la letteratura russa, a partire da Dostoevskij; e poi Céline, Camus, Pasolini. Di tanto in tanto rileggo Achille Campanile, che ritengo uno dei più grandi autori italiani. Come ho detto, la lista sarebbe lunga. In linea di massima, il mio obiettivo è da sempre quello di leggere il più alto numero possibile dei grandi libri dell’umanità.
Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con la casa editrice Bietti?
Posso riassumere il mio rapporto con Bietti in una sola parola: ottimo. Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni simili, mi ritengo davvero fortunato. Dalla mia prospettiva, il mio compito è quello di scrivere al meglio delle mie possibilità; tuttavia, ciò può avvenire anche grazie alla certezza di avere alle spalle un editore che ti sostiene, credendo in ciò che hai da dire e nel modo in cui desideri esprimerlo. Un editore che si mostri realmente interessato a crescere con te e, al tempo stesso, farti crescere; interessato ai tuoi nuovi progetti, ad ascoltare e valutare insieme all’autore nuove idee. Un editore di cui fidarsi ciecamente. Io dico di averlo trovato in Bietti. So che può sembrare ovvio ma, credetemi, non lo è affatto.
Al di là della scrittura, hai altri progetti per il futuro?
I miei progetti degli ultimi anni hanno quasi del tutto ruotato attorno alla scrittura, quindi, se la situazione economica italiana e internazionale non ci obbligherà a cambiare rotta professionale, i miei progetti futuri avranno ancora a che fare con le mie competenze. Al di fuori di questo ambito, anche se non del tutto, sto cercando di riappropriarmi della musica, altra mia passione del passato, accantonata per un po’ ma mai del tutto abbandonata. Ho per anni studiato violoncello e canto. Come cantante, sto adesso riorganizzandomi con alcuni bravissimi musicisti per realizzare un progetto musicale che ho in cantiere da alcuni anni. Vedremo. Di certo non prevedo di partecipare ad un qualche talent-show televisivo.
Infine, un tuo augurio al nostro blog I Libri di Morfeo…
Oltre a ringraziarvi per avermi invitato a questa piacevole chiacchierata, e complimentarmi con voi per il prezioso lavoro che svolgete a favore degli scrittore e dei lettori, il mio augurio è quello di proseguire con questa vostra importante “missione”. Vi auguro che il vostro blog possa divenire, giorno dopo giorno, il punto fermo e imprescindibile per tutti coloro che vogliono conoscere, confrontarsi, scoprire nuove pagine e nuovi autori. Se è vero che oggi in Italia vi sono più scrittori che lettori, che il vostro blog sia allora un ottimo punto di partenza per capire da che parte stare. Continuate così.